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la guerra è una follia di ArciServizioCivile
Arci Servizio Civile Friuli Venezia Giulia Aps
COMUNICATO STAMPA
Ucraina: la guerra è una follia!
È una follia inaccettabile.
La sola idea che si deve tornare ad affrontare una guerra in Europa è una autentica follia.
Tutti i responsabili dell'Unione Europea sono chiamati ad agire e della politica internazionale
per impedire che la crisi dell'Ucraina sfoci in una nuova che dovrebbe devastanti per il mondo. Sarebbe una pericolosissima regressione storica.
L'Europa dica subito una parola chiara: Mai più guerra in Europa! E agisca di conseguenza.
Manifestare per farlo è fondamentale ed è fondamentale farlo con utile preciso e che sia occasione di riflessione sulle cause profonde anche che determinano le guerre e le proposte pace dei diritti umani.
La crisi che si sta sviluppando ai confini orientali dell'Unione Europea, ma sempre dentro l'ambito geografico,
sociale e culturale dell'Europa, va vista ed affrontata partendo da una analisi dei rischi e degli interessi in gioco, con il coinvolgimento pieno delle persone che possono decidere in libertà il loro futuro.
Parte della nostra portata di portata ad una di relazioni internazionali oggi ottenuto sui blocchi visione contrapposti lo scorso, superata da un'idea velleit lo scorso secolo, superata da'idea velleit secolo ad una visione è anche l'ancora - multilateralismo delle Nazioni Unite . Il Patto di Varsavia non esiste più. Il muro di Berlino è stato abbattuto nel 1989. Esiste l'Unione Europea, esiste il Consiglio d'Europa, esiste l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.
Esistono soprattutto le Nazioni Unite, collegate ad un sistema di diritto internazionale, troppo spesso violato
da chi oggi lo invoca. Nonostante ciò siamo ancora imprigionati dentro una di schieramenti contrapposti, obbligati ad avere un nemico logico per ricercare una supremazia mondiale che alimenta la corsa agli armamenti ed è essa stessa fattore di instabilità. Come fossimo obbligati a camminare in avanti con la testa girata all'indietro.
Non può essere così. Non deve essere così.
Per i paesi dell'Unione Europea a rischio è la costruzione di uno spazio di sicurezza e di stabilità regionale che si sta assistendo dalla caduta del muro di Berlino, ed è la fornitura di gas dalla Russia che pesa per un 25% del fabbisogno dell'Unione (ma del 40% per l'Italia). Ma gli Stati e la stessa si di questo appuntamento impreparati, senza visione di futuro e membri membri dell'Unione. Paghiamo l'assenza di una posizione comune a difesa dei nostri strategici, l'arretratezza del nostro modello industriale, il ritardo della transizione ecologica, la mancata cessione di parte della sovranità nazionale all'Unione e conseguentemente, la conseguenza della nostra voce in politica estera , dove siamo considerati buoni pagatori ma scarsi giocatori, a est come a sud dei confini comunitari.
La difesa dei nostri interessi (e il nostro primo interesse è la pace) e della nostra sicurezza (e la nostra sicurezza discende dalla sicurezza altrui), in quanto europei con una visione universale dei diritti, non può essere delegato alla dimensione militare avanti dalla NATO ma dovrebbe essere affidata alle istituzioni sovranazionali civili che abbiamo creato, con tanta difficoltà, dal 1945 ad oggi, anche mettendo mano alla applicazione dell'art. 43 dello Statuto delle Nazioni Unite che, con l'applicazione del diritto internazionale, devono tornare ad essere il luogo e lo strumento di risoluzione dei conflitti tra Stati, tra gruppi di potere, tra interessi contrapposti.
Questa ennesima crisi che può sfociare in una nuova guerra, dopo la Jugoslavia, l'Afghanistan, l'Iraq, la Libia, la Siria non ci segnala forse con forza che è giunto il momento di sciogliere le alleanze militari e ripensare la mission dell' Alleanza Atlantica trasformandola in un'alleanza di cooperazione tra l'Europa e le Americhe per lo sviluppo sostenibile e per la pace nel mondo?
Paradossalmente sarebbe più coerente con i nostri principi e valori, più utile per affrontare le sfide che abbiamo di fronte: il cambiamento climatico, la transizione ecologica, le diseguaglianze economiche e sociali, l'Agenda 2030, le migrazioni forzate. Perché non investire in cooperazione, in ricerca ed investimenti civili, parte di quei 1.100 miliardi di dollari di spesa militare che annualmente i paesi della NATO destinano alla difesa armata ea nuovi sistemi di arma?
La Russia considera una minaccia alla propria sicurezza nazionale l'allargamento a est della NATO. Non a caso,
come emerso dai documenti de-secretati dal Regno Unito, nel 1991 durante i colloqui per la dissoluzione dell'URSS fu preso l'impegno da parte del campo occidentale di non ampliare l'Alleanza atlantica ad est. Cosa invece avvenuta, con l'adesione di Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Bulgaria, repubbliche Baltiche e con il progetto di annettere anche Georgia ed Ucraina. Lasciando invece, come zona cuscinetto, il solo caso della Finlandia.
Come è possibile la costruzione di una Europa con “sicurezza condivisa” tra e per tutti gli Stati ed i popoli come auspicava lo svedese Olof Palme se si continua con questa politica di contrapposizione militare che, vista dall'altra parte, è sinonimo di accerchiamento, di minaccia alla propria sicurezza?
Se l'Europa non riuscirà a rompere questo paradigma bloccato nella visione bipolare del mondo il nemico e la minaccia è costituito da un altro Stato, da un'altra società con cui si disputa l'egemonia del pianeta, continueremo tutti quanti a scivolare inesorabilmente nel e nell'autodistruzione, ripetendo il giro di valzer del Titanic.
La strada è tracciata ed è quella della cooperazione, degli investimenti, dei contratti e del commercio equo, della mobilità, degli scambi, della solidarietà, del disarmo climatico, della neutralità attiva per costruire un'Europa di benessere, di sicurezza, di cooperazione, nel rispetto delle diversità. Solo così si potrà vivere in pace.
È tempo di atto prendere che la pace e la sicurezza condivisa va costruita con politiche economiche, sociali, ambientali improntate sulla cooperazione tra Stati e con una visione universale (diritti universali) e di periodo lungo (consegnare il pianeta in condizioni migliori di come lo abbiamo ricevuto).
Occorre cosa decidere e come produrre.
Occorre saper dire dei No e dei Sì in modo coerente con principi e valori universali.
Occorre fermare la spirale che porta alle tensioni, alle provocazioni ed alle guerre.
Bisogna partire da una riduzione della spesa, con conseguente spostamento di risorse per garantire una vera sicurezza per tutti e quindi “preparare la pace con la pace”.
Per tutto ciò dire "No alla guerra" è necessario ma non sufficiente: prendere posizione. I parti, le istituzioni se si dichiarano per la pace e contro la guerra devono agire di conseguenza, con coraggio e determinazione aprendo un ruolo e sulla missione dell'Alleanza Atlantica, una riforma e trasformazione profonda della Nato, e sulla necessità di assumere una posizione di neutralità internazionale attiva ancorata al diritto ed alle Nazioni Unite, e dunque impegnandosi ora e subito:
• per una reale de-escalation del conflitto;
• per sostenere la neutralità dell'Ucraina come parte del processo di distensione regionale;
• per coinvolgere la società civile e la popolazione di tutte le regioni coinvolte nelle decisioni sulle possibili vie di uscita da questa crisi: l'elaborazione di un percorso di ritmo non può essere affidata alle sole diplomazie governative ma deve prendere in considerazione l'apporto delle comunità locali;
• per un programma di cooperazione e di sostegno alla popolazione ucraina al fine di affermare il pieno diritto di autodeterminazione e integrazione nello spazio (civile) europeo;
• per un dialogo tra le istituzioni europee, a partire dal Consiglio d'Europa, all'Unione Europea
e la Federazione Russa, in una logica di promozione di sicurezza condivisa, di diretto cooperazione e di diritti umani e della democrazia.
• Per sostenere la comunità convivenza pacifica tra le diverse e contrastando nazionalismi, populismi e derivare xenofobe che sfociano in nuove forme di fascismo e di autoritarismo.
• Per ribadire l'inviolabilità dei confini militari internazionalmente, e l'illegalità di ogni tipo di annessione e di occupazione e civile di territori di contenimento giuridico.
Al fine di eliminare le motivazioni che stanno alla base di un confronto muscolare pronto a trasformarsi troppo rapidamente in conflitto aperto, dunque occorre lavorare sui seguenti punti specifici:
• la Russia deve cessare le interferenze paesi, le aggressioni contro i che ritiene all'interno della sua "sfera di influenza", riconoscere i confini ucraini e abbandonare l'idea evocata della "Grande Russia" • la NATO non deve cercare un'ulteriore espansione o impegnarsi in aggressioni;
• tutte le truppe devono essere ritirate e le forniture di armi, equipaggiamento militare e addestramento devono cessare. La mobilitazione per la guerra dei soldati russi, delle truppe della NATO e della popolazione ucraina deve finire membri.
• il diritto umano all'obiezione di coscienza al servizio militare deve essere garantito, l'articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici ei capitoli, 11 del Commento generale № 22 del Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite.
• la NATO e la Russia devono accordarsi per porre fine alle esercitazioni militari ed evitare militari avvicinati tra le forze russe e della NATO.
• tutte le parti coinvolte devono impegnarsi a negoziare un nuovo Trattato sulle forze convenzionali in Europa e smilitarizzare l'Europa attraverso il disarmo, le ispezioni, ecc.
• tutte le parti coinvolte non devono impegnarsi in attacchi cibernetici, particolarmente contro infrastrutture che colpiscono la vita delle critiche civili. Gli Stati e la società civile devono ottenere in buona fede un accordo internazionale che proibisca gli attacchi informatici.
• tutte le parti che possono entrare nella decisione di intraprendere azioni urgenti per prevenire la guerra nucleare: sulla rotta del trattato sulle forze nucleari a medio raggio in accordo per non schierare missili a medio raggio in Europa o in Russia.!
• gli bisogno di Stati Uniti e nuovi obiettivi Russia accordi che raggiano ulteriori tagli verifica nelle armi nucleari strategiche e non missilistici raggio, prima che il nuovo trattato di riduzione delle armi strategiche (New START) scada all'inizio del 2026.
• Stati Uniti gli Stati Uniti devono ritirare le loro armi nucleari di stanza nei paesi membri della NATO e la Russia devono ritirare le sue armi nucleari tattiche dalle basi vicino al suo confine occidentale.
• la NATO deve rinunciare alle armi nucleari e denuclearizzare la sua dottrina politica così come la Russia e gli Stati Uniti (e tutti gli altri Stati dotati di armi nucleari) devono porre fine ai loro programmi di modernizzazione delle armi nucleari. Gli Stati Uniti, la Russia, l'Ucraina e tutti i membri della NATO devono aderire al trattato sulla proibizione delle armi nucleari.
Per noi libertà la libertà è costruire un'Europa smilitarizzata dall'Atlantico agli Urali, di pace, di sicurezza per tutti, di e di democrazia. Un'Europa allargata ed aperta al mondo, dove l'Alleanza Atlantica sia una
collocazione culturale, di emancipazione collettiva, di condivisione di un progetto globale di pace.
Tutto questo significa dire “Sì alla pace” e “No alla guerra”.
Comunicato Stampa della Rete Italiana Pace e Disarmo alla quale fa parte anche Arci Servizio Civile
Arci Servizio Civile Friuli Venezia Giulia Aps
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Zornade de Memorie “par no dismenteâ”
Se chest al è un om
“ Se questo è un uomo” di Primo Levi
Voaltris che o vivês sigûrs,
tes vuestris cjasis cliputis,
voaltris che o cjatais tornant sotsere
la bocjade cjalde e musis amiis:
considerait se chest al è un om
che al lavore tal paltan
che nol cognòs pâs
che al scombat par mieç pagnut
che al mûr par un sì o par un no.
Considerait se cheste e je une femine
cence cjavei e cence non
cence plui fuarce par ricuardâ
vueits i voi e frêt il grim
tant che un crot in Unvier.
Meditait che chest al è stât:
us comandi chestis peraulis.
Scolpîtlis tal vuestri cûr stant
in cjase lant par vie,
lant a poiâsi o jevant;
ripetêtlis ai vuestris fîs.
O us si disfi la cjase,
la malatie us fermi,
i vuestris fruts no us cjaledin plui.
Nadâl
Ma quando facevo il pastore
allora ero certo del tuo Natale.
I campi bianchi di brina,
i campi rotti dal gracidio dei corvi
nel mio Friuli sotto la montagna,
erano il giusto spazio alla calata
delle genti favolose.
I tronchi degli alberi parevano
creature piene di ferite;
mia madre era parente
della Vergine,
tutta in faccende,
finalmente serena.
Io portavo le pecore fino al sagrato
e sapevo d'essere uomo vero
del tuo regale presepio.
10 di Dicembar DUCJ i DIRITS UMANS par DUTIS lis PERSONIS
10 di Dicembar
DUCJ i DIRITS UMANS par DUTIS lis PERSONIS
La Declarazion universâl dai dirits umans e je stade firmade a Parîs ai 10 di Dicembar dal 1948.
Cun cheste Cjarte, pe prime volte inte storie moderne, si stabilis la universalitât di chescj dirits, no dome par cualchidun in cualchi paîs, ma par dute le int di ducj i popui di dut il mont, e basâts suntun concet di dignitât umane intrinsecahe, inalienabile, e universal.
La Declarazion e ricognòs il dirit ae vite, ae libertât e ae sigurece personâl; al ricognossiment tant che persone e ae avualance devant de leç; a garanziis specifichis intal procès penâl; ae libertât di moviment e di emigrazion; al asîl; ae nazionalitât; ae proprietât; ae libertât di pinsîr, di cussience e di religjon; ae libertât di associazion, di opinion e di espression; ae sigurece sociâl; a lavorâ in cundizions justis e favorevulis e ae libertât sindacâl; a un nivel adat di vite e di educazion.
Pes Nazions Unidis il dirit ae vite, il dirit ae libertât de sclavitût, il dirit ae libertât de torture a son Dirits Umans che no puedin mai vignî a mancjâ par nissun in nissun puest.
I Stâts dal Consei di Europe a àn fat un altri pas indenant traviers une convenzion pe difese dai dirits dal om e des libertâts fondamentâls, firmade a Rome tal 1950 e jentrade in vore intal 1953.
Cheste convenzion europeane e fisse che il gjoldiment dai dirits umans nol è subiet a nissune discriminazion fondade su resons di raze, lenghe, religjon, opinion publiche, origjin nazionâl o sociâl.