Il commissario Vanni

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L’autobiografia di Vanni Padoan è la storia di una vita straordinaria. E’ la storia dell’antifascismo isontino tra le due guerre, della Resistenza al Confine Orientale e di un lunghissimo dopoguerra raccontata da un protagonista.
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la personalità dell’autore. Queste memorie, questa autobiografia, sono l’ultima lettura che Vanni
Padoan fa della sua vita a più di novant’anni di età.
Ottanta del Novecento così come di Porzus aveva trattato all’inizio di questo secolo.
della sua esistenza e che si preoccupa di quanto altri potrebbero dire o scrivere di lui, della sua
storia. Da qui la sua esigenza di scrivere tutto, di riempire più pagine possibile con l’intelligenza
che tutti, anche gli avversari, gli hanno sempre riconosciuto. Senza la passione del professor
Eraldo Sgubin e del nipote Raoul Nadalutti forse i suoi ultimi scritti non sarebbero mai diventati
il suo ultimo libro.
pagine che sicuramente Vanni avrebbe considerato tutte indispensabili. Ne abbiamo conservate
più di duecento grazie ad un attento lavoro di editing e abbiamo scelto di sacrificare quasi tutte
quelle che Vanni aveva dedicato alla sua attività di storico, alla sua presenza a infiniti convegni
in regione, in Italia, all’estero e ai suoi interventi anche minimi ma che sicuramente per lui erano
importanti. Di questo dobbiamo chiedergli scusa. Nessun libro avrebbe potuto ospitare per
intero una vita così ricca e così complessa, vissuta lavorando praticamente senza sosta fino ai
suoi ultimi giorni, ormai quasi centenario. Sappiamo di aver tolto molto al suo manoscritto ma
sappiamo anche di non aver aggiunto nulla e di aver prodotto un libro piacevole oltre che utile
per il lettore. Un libro importante non solo per gli storici e che risponde a quel bisogno di
raccontare e raccontarsi, nel senso più alto dell’espressione, così proprio di Vanni. L’altra
difficoltà è stata il confronto con il personaggio Vanni, con la sua personalità così straordinaria,
così forte. Potevamo forse togliere dal testo alcune espressioni, alcuni giudizi non indispensabili
al racconto ma non avremmo rispettato il suo carattere, il suo modo di essere. Non avremmo
rispettato l’uomo Vanni, ammesso che questo possa essere separato in qualche modo dal
Commissario Vanni. E’ curioso come anche dopo la loro morte, quando si parla di “Vanni”, non si possa evitare il confronto tra la sua personalità e quella di “Sasso”. Di “Sasso” tutti coloro che
combatterono sotto il suo comando ricordano la grande umanità, l’affetto che sapeva
trasmettere assieme al coraggio. Di “Vanni” si ricordano soprattutto il rigore, la severità con
cui riuscì a tenere insieme migliaia di giovani e giovanissimi partigiani anche nei momenti più
difficili, quelli in cui chiedeva a loro più di quanto un uomo potesse dare. E lo otteneva, così
come lo otteneva “Sasso”, perché era quanto chiedevano a se stessi prima che agli altri. Anni fa ho chiesto un ricordo di queste due figure a Harry Hargreaves, allora giovanissimo sottufficialeinglese che con loro aveva condiviso mesi di guerra e che considerava quell’esperienza come la più importante della sua vita, quella che lo aveva segnato per sempre, che ne aveva fatto l’uomo che era. Harry pensò qualche minuto prima di rispondermi e poi spiegò che non aveva mai visto prima o dopo di allora due uomini così diversi uniti dalla stessa responsabilità e dallo stesso obiettivo. Disse che la storia della “Garibaldi Natisone” non sarebbe stata la stessa senzauno dei due, disse che la storia della nostra Resistenza non sarebbe stata la stessa senza loro dueinsieme. Non credo serva aggiungere altro. Crediamo che i valori per cui Vanni ha vissuto elottato siano tutti in queste pagine e che sia responsabilità nostra trasmetterli a chi verrà dopo di noi così come ha cercato di fare Vanni per tutta la sua lunghissima, ineguagliabile vita.
Dario Mattiussi